06/09/2013 - Blurandevù

BLURANDEVÙ. Volontari, all'intervista!

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Le riflessioni e i libri di Michela Marzano toccano vari aspetti dell'etica e del nostro vivere nella contemporaneità. Ha riportato il corpo al centro della discussione filosofica, riconoscendo l'essere umano come persona incarnata, finita e viva, che ha e insieme è la sua fisicità. Ha denunciato l'oppressione che, proprio attraverso il corpo, nuovamente le donne subiscono per il riaffermarsi di una mentalità retrograda che le vuole solo belle. Ha raccontato il suo disperato tentativo di disincarnarsi, gli anni trascorsi a cercare di perdere peso per sentirsi leggera, la sofferenza e insieme gli insegnamenti dell'anoressia. Ha scritto della necessità della fiducia, di nuove morali sessuali, di come i valori propri dell'impresa si stiano imponendo anche nelle nostre vite private. Temi tutti attualissimi, e vicini ai ragazzi di blurandevù.
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A districarsi fra le domande dei ragazzi in maglietta blu è il turno di Michela Marzano, filosofa, scrittrice e parlamentare. 

Si parte alti, con citazioni di Goethe, Leopardi e Balzac che raccontano le città in cui ha vissuto la Marzano, il luogo di nascita, di studio e di lavoro. Sono rispettivamente Roma, che per lei rappresenta la mamma (e non il papà) e il Parlamento, Pisa, fatica, studio e stress, e Parigi: l'amore. 

Si scusa per la risposta telegrafica con Gabriella, Flavia e Mattia che la stanno intervistando e promette di non farlo più, forse è un po' nervosa. 

A questo punto le viene portato un mappamondo e le viene chiesto in quale città vorrebbe vivere e lei rivela che in realtà odia viaggiare, che il viaggio è legato al lavoro e alla fatica, che viaggia ma che ama le sue radici e siccome si è dovuta sradicare già due volte, la prima quando ha lasciato l'Italia per Parigi e la seconda quando divenuta parlamentare è dovuta rientrare, adesso vorrebbe essere meno in viaggio. 

Terza domanda e Michela Marzano scherzosamente dichiara di avere dei cedimenti, le domande sono difficilissime. Le viene mostrata la Conversione di San Paolo di Caravaggio e i ragazzi le chiedono se è possibile riconoscere nella vita gli attimi, i momenti fondamentali del cambiamento che portano alla maturità. 
Prende fiato e inizia a rispondere che è difficile riconoscerli durante e afferma che quello della maturità non l'ha ancora riconosciuto; quando si reagisce in un modo diverso ad un evento, ad una situazione, ci si accorge che c'è stato un processo che ci ha portato ad agire così, abbiamo subito un cambiamento.

 Michela Marzano non si risparmia, racconta del rapporto con suo padre, dell'amore trovato a Parigi, dell'esperienza parlamentare che considera la scelta più importante della sua vita, dialoga con un pubblico che sembra già sapere tutto di lei. 

Le domande continuano e la Marzano confessa di non essere sicura che la filosofia sia la sua strada, spiegando di averla intrapresa per trovare risposte, per impadronirsi dei mezzi che avrebbero consentito di placare i suoi 'perché', per dimostrare a suo padre che non aveva sempre ragione. Progressivamente però si è resa conto che non era la filosofia che cercava e ha scoperto Hannah Arendt: la filosofia diventa così una cosa nuova, lo strumento necessario per trovare le parole che le consentono di vivere col disordine che ha dentro; in questo processo di trasformazione anche la sua scrittura cambia, come testimonia "Volevo essere una farfalla". 

I ragazzi disegnano poi una linea retta, spiegando che quello è il percorso che gli viene chiesto di seguire, ma in realtà loro si sentono un groviglio senza punti cardinali e quindi non sanno dove andare. Michela Marzano, in risposta, si alza e disegna una spirale con una direzione, il cui centro è l'infanzia, giustificando la sua scelta affermando che nessuno riesce ad avere un percorso lineare, poiché altrimenti si rinuncerebbe a se stessi e alla vita. Nonostante il cambiamento infatti si ripetono gli stessi errori, rigiochiamo un ruolo nella speranza che il gioco finisca in un modo diverso: il dramma è quando questo non si verifica. Costante di questo percorso è la sofferenza: questa non smette mai, ma si può, si deve, fare qualcosa per alleggerirla. La soluzione, la bussola all'interno di questo 'viaggio' tortuoso è da ricercare nell'amore.
Ancora domande, ancora risposte e scopriamo così che non conosce Marge Simpson, che dei lavori della Arendt ama particolarmente il carteggio con suo marito, che il corpo ci ricorda la nostra finitudine e ci riporta alla realtà e che assolutamente non era sua intenzione fare un elogio alla fragilità.

 In conclusione i ragazzi in blu le mostrano un estratto de "Il corpo delle donne" di Laura Zanardo e la Marzano ribadisce la necessità di spiegare fin da piccoli l'esistenza di vie alternative e, citando Kant, spiega che la differenza fra cose e le persone è che le prime hanno un prezzo, mentre le persone hanno una dignità che è intrinseca. Libertà e dignità vanno di pari passo. 

L'incotro si conclude parlando di femminicidio, argomento sul quale Michela Marzano si è spesso spesa. Per lei è necessario ripensare la grammatica delle relazioni affettive. Manca un discorso di costruzione, perché alla base dei rapporti umani c'è la necessità di tollerare le differenze altrui, le alterità. Bisogna spiegare ai bambini a convivere con l'alterità propria e altrui. L'amore invece è ridotto a passione e sessualità. 

'Alterità' è il seme di Michela Marzano.

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