Nati e cresciuti a due latitudini completamente diverse, Michele Mari e Michael Frank hanno sorprendentemente molto in comune. Figli di due famiglie eccezionali, vivono infanzie fuori dagli schemi popolate di mostri tentacolari e zie dalla personalità camaleontica. Crescono elaborando un vocabolario ricco di nevrosi, drama, leggende, paure, narrazioni e contro narrazioni. Approdano alla scrittura come esploratori in cerca di rifugio. Un balsamo quello dello scrivere che dura tautologicamente il tempo in cui l’atto si compie e svanisce subito dopo, ma che ha permesso ai due autori di investigare quello strano universo che è la memoria individuale e famigliare. In Leggenda Privata (2017) e I formidabili Frank (2018) rivivono così mitologie, riti iniziatici e incontri con persone con cui hanno condiviso un tratto di strada e vissuto un tempo che non tornerà.
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«E se dimenticare fosse un dono?»
Questa la provocazione lasciata fluttuare a mezz’aria dallo scrittore turco Burhan Sönmez durante la presentazione del suo ultimo romanzo, Labirinto (2019). Sönmez elegge a protagonista Boratin, un ragazzo che, a seguito di un tentativo fallito di suicidio, perde completamente la memoria. Non sapendo più chi sia o da dove provenga inizierà a peregrinare ed interrogarsi sul senso della memoria e dell’identità fino a chiedersi se ignorare il proprio passato non sia per l’uomo e per la società un modo per rimediare alle tragedie. Di tutt’altro parere Nora Krug, illustratrice e scrittrice tedesca che con Heimat (2018) sceglie coraggiosamente di raccontare la storia di una famiglia, la sua, che ha interiorizzato il silenzio chi ha vissuto il nazismo ed ora non sa come affrontare la responsabilità del ricordo. Una responsabilità che Krug considera inestirpabile e ancora oggi appesantita dai tabù che circondano quegli anni nelle vicende personali e collettive. Fotografie, racconti ed illustrazioni si susseguono in un intreccio di piani temporali a creare un’opera preziosa in grado di affrontare un passato doloroso in modo diverso. L’autrice con delicatezza dà voce ad una generazione erede involontaria di un senso di colpa troppo spesso taciuto.
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Quando scompare qualcuno la nostra memoria opera con noi una selezione naturale. Si mettono da parte i ricordi dolorosi, difficili o spiacevoli e si salvano i momenti felici, cristallizzandoli. Quei frammenti riuniti compongono un puzzle il cui disegno originale è andato perso e svelano molto di più della persona che parla che non di quella raccontata. Questo il punto di partenza scelto dall’autore e drammaturgo svedese Jonas Hassen Khemiri, in dialogo con Fabio Genovesi, per il suo libro Tutto quello che non ricordo (2017). Un romanzo commovente, esilarante e indimenticabile sul desiderio profondamente umano di ricordare ed essere ricordati quando tutto quello che resta di noi sono istanti, parole e gli sguardi degli altri.
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Il morbo di Alzheimer è uno dei disturbi neuro-cognitivi più spaventosi del nostro tempo. L’aumento dell’aspettativa di vita media ne favorisce l’insorgenza e pone scienza e letteratura di fronte a nuove domande. Fra queste, l’interrogativo su come affrontare il disorientamento causato dal morbo in pazienti e persone a loro vicine. A parlare delle sfide che la futura scienza incontrerà nella corsa contro questa malattia sul palco di Festivaletteratura, il docente di Neurochirurgia e Neurologia Arnaldo Benini in compagnia del palliativista Luciano Orsi e Agnese Codignola, ricercatrice e giornalista. A occuparsi del tema della vulnerabilità derivante dalla perdita di sé, del linguaggio e dell’identità è invece Michela Marzano presentando Idda (2019) edito Einaudi. Un romanzo delicato e appassionato sulla potenza carsica dalla relazione che si crea fra Alessandra, giovane biologa e sua suocera che ha ormai perso la memoria. Annie è giunta alla fase più difficile della malattia, quella in cui non riconosce più gli oggetti, ha dimenticato il marito ed ha solo brevi scintille, «residui di sé». Sarà compito di Alessandra ricostruirne la quotidianità e attraversare le macerie dei ricordi per salvare almeno un po’ d’amore dall’oblio.
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