05/09/2013 - Translation slam
Almudena Grandes con Roberta Bovaia e Claudia Marinelli
2013_09_05_018
Piccolo ripasso per chi non ha partecipato alle precedenti edizioni di "Translation slam". Uno scrittore straniero consegna un breve racconto, o qualche sua pagina ancora non pubblicata in Italia, a due dei suoi traduttori, i quali - ciascuno per conto proprio - s'impegnano a scrivere una traduzione del testo di sfida. Durante l'incontro al Festival i due contendenti sono chiamati a presentare la loro proposta all'autore e al pubblico, i quali - dopo un'animata discussione - decreteranno il vincitore. Il premio della vittoria, per tutti, sarà il confronto sulle scelte, sugli ostacoli che si celano dietro una parola o un giro di frase, sulle specificità di ciascuna lingua e sull'appassionante (e difficile) lavoro del traduttore.
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Italiano
«Il traduttore è un po' come un calabrone: avendo un corpo pesante e ali così leggere, pensa di non poter volare, ma naturalmente ci riesce lo stesso». Con una citazione di Paolo Fabbri, da "Elogio di Babele", si apre il Translation slam, nella magica atmosfera della Chiesa di Santa Maria della Vittoria. Almudena Grandes, autrice ispanica di grande successo, ha fornito un testo tratto dal suo prossimo libro, "Las tres bodas de Manolita", non ancora pubblicato in Italia; Roberta Bovaia e Claudia Marinelli hanno tradotto e presentato la loro versione al pubblico.
Dopo una coinvolgente lettura in lingua originale, le due traduttrici sono 'salite sul ring' anche se, bisogna precisarlo, non c'è stata una vera e propria gara: lo scopo dell'evento era infatti quello di offrire la possibilità di osservare e 'vivere' il processo che sta dietro alla traduzione, che è di per sè incontro e scontro col testo di partenza.
Un contributo fondamentale è stato offerto poi dal pubblico, che ha sottolineato prontamente come i due registri usati fossero differenti evidenziando la necessità dei lettori di poter contare su una versione unica e fedele al testo d'origine.
Importante ribadire quindi che non esiste una traduzione giusta o sbagliata: è una questione di scelte grammaticali, ritmo, resa, registri, e chi più ne ha più ne metta. Citando Carl Bertrand, infatti la Grandes ha affermato che «le traduzioni sono come le donne. Quando sono belle non sono fedeli, e quando sono fedeli non sono belle».
Un altro fatto che è stato messo in luce è che alcune parole sono state lasciate in lingua originale, senza essere tradotte: questa rimane una scelta personale, per mettere in difficoltà e incuriosire allo stesso tempo chi sta leggendo. Dobbiamo imparare, come lettori, ad entrare nelle culture e a conquistare nuovi territori, per non smettere mai di arricchire il nostro bagaglio personale.
Dopo una coinvolgente lettura in lingua originale, le due traduttrici sono 'salite sul ring' anche se, bisogna precisarlo, non c'è stata una vera e propria gara: lo scopo dell'evento era infatti quello di offrire la possibilità di osservare e 'vivere' il processo che sta dietro alla traduzione, che è di per sè incontro e scontro col testo di partenza.
Un contributo fondamentale è stato offerto poi dal pubblico, che ha sottolineato prontamente come i due registri usati fossero differenti evidenziando la necessità dei lettori di poter contare su una versione unica e fedele al testo d'origine.
Importante ribadire quindi che non esiste una traduzione giusta o sbagliata: è una questione di scelte grammaticali, ritmo, resa, registri, e chi più ne ha più ne metta. Citando Carl Bertrand, infatti la Grandes ha affermato che «le traduzioni sono come le donne. Quando sono belle non sono fedeli, e quando sono fedeli non sono belle».
Un altro fatto che è stato messo in luce è che alcune parole sono state lasciate in lingua originale, senza essere tradotte: questa rimane una scelta personale, per mettere in difficoltà e incuriosire allo stesso tempo chi sta leggendo. Dobbiamo imparare, come lettori, ad entrare nelle culture e a conquistare nuovi territori, per non smettere mai di arricchire il nostro bagaglio personale.