07/09/2013 - Consapevolezza verde
PREVISIONI DEL TEMPO: I PROSSIMI QUARANT'ANNI. 2050: futuri possibili
2013_09_07_148
Dobbiamo smettere di educare i nostri bambini ad apprezzare la bellezza della natura, perché quando cresceranno si troveranno intorno un paesaggio devastato, sempre più desertico, molto diverso da quello in cui noi siamo cresciuti? È questo l'amaro consiglio che Jørgen Randers ritiene di darci, alla luce delle conclusioni contenute nel suo rapporto per il Club di Roma sulle prospettive per il pianeta per la metà del secolo ("2052. Scenari globali per i prossimi quarant'anni"). Se i fenomeni di crescita demografica si attenueranno per un probabile calo della fertilità, il progressivo inurbamento, l'incapacità di sostituire totalmente i combustibili fossili, la crescita delle diseguaglianze sociali avranno un formidabile impatto sul futuro della Terra e sulle nostre vite, anche se nel breve e medio periodo questi effetti non saranno percepibili. Con l'aiuto del climatologo Luca Mercalli, Randers espone nel dettaglio la propria previsione, offrendoci qualche raccomandazione per il futuro.
con il contributo di NORLA Norwegian Literature Abroad
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La nostra civiltà ha perso quarant'anni durante i quali avrebbe potuto agire efficacemente per cambiare le sorti della Terra, ma ha preferito piuttosto votarsi alla divinità della 'crescita', che purtroppo si è dimostrata insostenibile. Questa è la storia che ci raccontano oggi Luca Mercalli e Jørgen Randers. Tutto iniziò nel 1972 con la pubblicazione del report "I limiti dello sviluppo", punto d'arrivo del progetto più che mai visionario intrapreso da Aurelio Peccei. Negli anni in cui tutto sembrava andare per il verso giusto, quello della crescita, grazie alla sua straordinaria lungimiranza Peccei si rese conto che, invece, «vi sono tarli che stanno corrodendo le travi del tetto del nostro pianeta», che prima o poi cederà. Fu così che un team di scienziati, tra cui Randers, iniziarono a lavorare per individuare questo tarlo e le soluzioni per estirparlo. Il verdetto fu tanto semplice quanto inesorabile: su un pianeta 'fisicamente' limitato dai 40.076 km dell'Equatore, il costante aumento demografico porterà inevitabilmente all'overshoot, il superamento della capacità energetica della Terra, e dunque al collasso. Da allora, per quarant'anni, Randers ha lavorato per promuovere uno sviluppo sostenibile, con l'unico risultato che il mondo di oggi è ancora meno sostenibile di quello che, quarant'anni fa, avremmo potuto cambiare.
Nonostante questa amara constatazione, nonostante le foto di ghiacciai scomparsi nel giro di pochi decenni, nonostante i desolanti dati sul riscaldamento globale e sui risultati a cui condurrà entro la fine del secolo, la sensazione che emerge da questa storia non è affatto la rassegnazione: «è assolutamente possibile risolvere il problema climatico della Terra», dice Randers, ed è per questo che siamo qui. L'unica condizione posta è quella di accettare il fatto che il cambiamento richiede un costo economico, comunque contenuto: si calcolano infatti 200 euro all'anno per ogni cittadino europeo. Una cifra irrisoria, se impiegata per garantirci un futuro migliore. Anzi, per garantirci un futuro. Per andare in questa direzione, il cambiamento necessario è prima di tutto culturale, ed è questo il motivo per il quale il Festival diviene il luogo più adatto a diffondere questo messaggio.
Ed anche se questa storia non è una favola, il pubblico esige comunque una morale: cosa possiamo fare tutti noi, ogni giorno, per cambiare questo stato di cose? Sicuramente ridurre le emissioni attraverso la coibentazione, l'uso di risorse rinnovabili, di auto ecologiche ecc... Un'altra possibilità è quella di acquistare le quote di emissione di idrocarburi per farne aumentare il prezzo e renderle, di conseguenza, meno convenienti per le industrie rispetto ad una riconversione ecologica. Ma, prima di tutto, parlare, far conoscere a tutti «l'idiozia di una società» che non è disposta a sostenere un costo oggi per avere un futuro domani. Per usare le parole di Mercalli: «Andate e NON moltiplicatevi!».
Nonostante questa amara constatazione, nonostante le foto di ghiacciai scomparsi nel giro di pochi decenni, nonostante i desolanti dati sul riscaldamento globale e sui risultati a cui condurrà entro la fine del secolo, la sensazione che emerge da questa storia non è affatto la rassegnazione: «è assolutamente possibile risolvere il problema climatico della Terra», dice Randers, ed è per questo che siamo qui. L'unica condizione posta è quella di accettare il fatto che il cambiamento richiede un costo economico, comunque contenuto: si calcolano infatti 200 euro all'anno per ogni cittadino europeo. Una cifra irrisoria, se impiegata per garantirci un futuro migliore. Anzi, per garantirci un futuro. Per andare in questa direzione, il cambiamento necessario è prima di tutto culturale, ed è questo il motivo per il quale il Festival diviene il luogo più adatto a diffondere questo messaggio.
Ed anche se questa storia non è una favola, il pubblico esige comunque una morale: cosa possiamo fare tutti noi, ogni giorno, per cambiare questo stato di cose? Sicuramente ridurre le emissioni attraverso la coibentazione, l'uso di risorse rinnovabili, di auto ecologiche ecc... Un'altra possibilità è quella di acquistare le quote di emissione di idrocarburi per farne aumentare il prezzo e renderle, di conseguenza, meno convenienti per le industrie rispetto ad una riconversione ecologica. Ma, prima di tutto, parlare, far conoscere a tutti «l'idiozia di una società» che non è disposta a sostenere un costo oggi per avere un futuro domani. Per usare le parole di Mercalli: «Andate e NON moltiplicatevi!».