08/09/2017 - Processi

PROCESSO ALLE STREGHE

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Giovanna Monduro fu condannata nel 1470 e giustiziata l'anno successivo per stregoneria, causando nella comunità della Valle del Cervo turbamenti che portarono alla messa in discussione dei patti di infeudazione. Il processo a Bellezza Orsini si tenne nei territori pontifici nel 1528, ma non ebbe conclusione: Bellezza si suicidò in carcere, consegnando ai posteri una confessione sul sabba e un suo manoscritto. Due storie emblematiche che riportano alla luce sospetti e pregiudizi con i quali molte donne si scontrarono per secoli e si inseriscono in un quadro geopolitico segnato dal conflitto tra autorità laiche e religiose. Le riportano alla luce gli archivisti Danilo Craveia e Michele Di Sivo, coordinati da Elisabetta Bucciarelli.

Colpevoli o innocenti? Attraverso le carte giudiziarie conservate per lo più presso gli archivi di stato, Festivaletteratura riapre alcuni processi storici che vedono le donne sul banco degli imputati. Storici, archivisti e narratori si interrogheranno sul peso dell'opinione pubblica del tempo, sull'attualità di queste vicende, e su quanto la condizione femminile delle imputate abbia influito su di esse.
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Una guerra contro le donne lunga secoli

Alle donne sarà dedicata la serie dei "Processi", la riapertura di storici casi giudiziari attraverso documenti archivistici, inserita a programma in continuità con le iniziative di public history. Storici, archivisti e narratori rivestiranno i ruoli di procuratori e avvocati difensori in casi passati di grande clamore.

Cos'hanno in comune i processi alle streghe del XV o XVI secolo con la nostra società? Da quel che emerge dai processi ricostruiti dagli archivisti Danilo Craveia e Michele di Sivo molto di più di quello che potremmo pensare.
I processi alle streghe avvenivano contro donne che non si adeguavano alla norma, che non accettavano di essere sottomesse e non avevano paura di esprimere la propria opinione. Giovanna Monduro era una signora normale di un paesino vicino a Biella, sulla quarantina, sposata, con figli, di cui uno che studiava per diventare prete, quando fu sottoposta a processo nel 1470-71. Il suo principale errore? Trasferirsi a vivere nel paese del marito e non accettare di sottostare alle regole e opinioni della nuova famiglia. Bellezza Orsini nel 1528 viveva a Roma, aveva 48 anni e tre figli quando fu accusata di stregoneria e processata. Sapeva leggere e scrivere e come serva degli Orsini li aveva accompagnati in diversi viaggi. Affrontò il giudice a testa alta e piuttosto di essere condannata, quando ormai sapeva quale sarebbe stata la sua fine, preferì suicidarsi.
Come emerge dal trattato pubblicato nel 1487, "Malleus Maleficarum" ("Il martello delle streghe"), al centro di tutto c'erano i rapporti sessuali e la possibilità che le donne condizionassero i comportamenti degli uomini. Il testo, scritto dai frati domenicani Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer, fu per due secoli il manuale più consultato da parte degli inquisitori perché spiegava proposizione per proposizione come comportarsi in ogni occasione ed è di una violenza inaudita nei confronti delle donne. Leggerlo oggi, anche se quasi introvabile, permette di capire quanto siano profonde e antiche la cultura maschilista, la paura e il disprezzo nei confronti delle donne nella società occidentale.
Nei processi di entrambe le donne e nelle testimonianze rilasciate durante e dopo la tortura è evidente come si parta sempre da un momento iniziale di negazione della religione per poi passare all'attività sessuale, al cosiddetto 'Sabba'. Un atto sessuale che però doveva essere sempre contro natura.
La sentenza di Giovanna arriva oltre un anno dopo il processo e decreta la colpevolezza e quindi il rogo della donna. Ma la vicenda non finisce lì: il rifiuto da parte dei compaesani della donna a collaborare all'esecuzione della sentenza portarono a una disputa su questioni territoriali e alla messa in discussione dei patti di infeudazione.
Bellezza Orsini ci lascia invece un libro, che, a differenza degli altri libri delle streghe che erano bruciati, viene conservato e stampato affinché tutti possano avere a disposizione un erbolario in volgare per potersi curare. E proprio in questo libro è evidente come la stregoneria sia per Bellezza sinonimo di conoscenza, il contrario della fede, la volontà di non accontentarsi.
«Como che chi impara la lettera se dà el principio delo leiere e delo scrivere, e po' se sequita secunno la 'ncrinazione de onnechivelli, chi a uno modo, chi a un altro, chi de piune e chi de mino, ma non se ne vede mai l'anbene, per dicere, la concrusione, lu fonno: quante più cose chierchi de imparare tante più sonno quelle che trovi da 'nparare, che prima nemanco ne tenevi sentimento, e più vai inanti più vo' ire e non te ne cuntenti. Cusì è la strearia». Testo in volgare scritto nel libro di Bellezza Orsini.
Certo la caccia alle streghe non esiste più da secoli, ma il retaggio di quel periodo non è ancora stato eliminato del tutto. È più subdolo: è nel linguaggio, nella mancanza di pari opportunità in ambito lavorativo, nella differenza di ruoli che vengono attribuiti a maschi e femmine fin dalla nascita, nelle difficoltà che ancora oggi le donne incontrano in alcuni ambiti per far valere la propria opinione.

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