08/09/2012 - L'appetito vien leggendo

A TAVOLA NEL MEDIOEVO

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Mentre oggi il cibo viene servito in una successione di piatti, la tavola medievale seguiva un altro modello: i cibi erano serviti simultaneamente e spettava a ciascun convitato sceglierli e ordinarli secondo il proprio gusto. Analogamente i cuochi del Medioevo preferivano mescolare i sapori, esaltando l'artificio che modifica la natura degli ingredienti utilizzati. Nonostante le differenze, come rileva Massimo Montanari, autore di Gusti del medioevo, alcune delle preparazioni medioevali costituiscono tuttora un segno forte della nostra identità alimentare: la pasta, la polenta, il pane, le torte, e una molteplicità di altri piatti, che hanno garantito nei secoli la sopravvivenza e il piacere degli individui.
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Oggi a Casa Slow ci accoglie una dama in abito medioevale e copricapo in broccato, che servirà al pubblico assaggi storici. Sul tavolo è accovacciata in bella vista su verdi frasche una pecorella di marzapane, che avrebbe dovuto essere la protagonista di un precedente incontro con Simonetta Agnello Hornby, che si fa perdonare il ritardo con l'espressione dolce dei suoi occhi dipinti. Il professor Montanari viene presentato come Massimo di nome e di fatto, grande esperto della storia agraria e della cultura dell'alimentazione: la sua bibliografia cita un'interminabile serie di libri, l'ultimo dei quali s'intitola proprio "Gusti del Medioevo". In quest'opera egli indaga la società medioevale nel suo insieme, privilegiando le strutture sociali ed economiche, nonché gli aspetti concreti della vita quotidiana. I prodotti della cucina dal Medioevo in poi subiscono l'influenza dei viaggi extra-europei e delle scoperte geografiche, specialmente dall'America si riversa in Europa un flusso di risorse alimentari nuove: basti ricordare ad esempio il pomodoro e il peperone, la patata e il mais. Il flusso di ritorno in senso contrario invece riguarda gli animali da cortile e d'allevamento, il grano, il vino, l'olio e così via. Le ricette modificano gli ingredienti, la polenta di farro o di miglio viene soppiantata da quella preparata con la farina di mais, i tradizionali gnocchi di farina e pane grattugiato cambiano sapore. Ai tradizionali prodotti dell'orto casalingo, così in campagna come in città, si aggiungono quelli esotici. Il gusto della cucina medievale era diverso da quello attuale, prevedendo mescolanze e sapori complessi; si pensava che la natura fosse imperfetta e che dovesse essere corretta; poi dal 1600 in poi, le ricette virano verso gusti il più possibile consoni a quelli d'origine dei prodotti: ad esempio si legge nelle ricette che la zuppa di cavoli doveva avere sapore di cavolo, il che non è un'ovvietà ma il segno di una rivoluzione alimentare in atto. Solo il pane veniva considerato l'alimento perfetto,  contenendo tutti i sapori dal dolce al salato, dall'amaro all'acido, e anche tutte le condizioni di caldo, freddo, umido e secco; ecco perché il pane è circondato da un'atmosfera di sacralità. A tavola, tutti i piatti venivano serviti insieme nello stesso momento, e non in tempi cadenzati come noi usiamo ora, accordando così fiducia e capacità di scelta ai commensali, nonché libertà di assecondare e soddisfare autonomamente i propri gusti, anche negli accostamenti personali. Sulle mense dei festivalieri arrivano quindi contemporaneamente gli assaggi di tutti i piatti preparati: tortelli sguazzarotti, ripieni di fagioli, castagne e zucca lessati e passati, serviti con salsa di vino cotto, pane e pepe, che richiedono il tempo di tre giorni tra preparazione e riposo; quaglie farcite con formaggio e lardo, accompagnate da una salsa tirata col sugo della carne stessa e pane; infine i dolcetti di pasta di mandorle, figli della pecora pasquale, che avrebbero dovuto essere serviti in un incontro precedente, come è già stato detto. Dopo la degustazione, accompagnata dalle esaurienti informazioni del professor Montanari e dalla descrizione accurata della cuoca, le domande del pubblico si appuntano su alcune curiosità gastronomiche. Poiché Montanari ha ricoperto parecchie volte il ruolo di Visiting Professor presso molte università straniere, gli viene chiesto di raccontare la sua esperienza a proposito, compreso qualche curioso aneddoto. Infine gli viene chiesto di parlare dei suoi studenti, dato che egli è molto attento alla didattica e alla divulgazione: risponde di sperare di conquistare allievi sempre più giovani, tanto da aver scritto un libro per ragazzi intitolato "Il pentolino magico". È con uno sguardo fiducioso rivolto al futuro, dunque, che si conclude questo piacevole evento.

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