06/09/2014 - Le ossessioni culinarie dell'Italia Repubblicana
3. DALL'ACETO AL RISVEGLIO DELLE COSCIENZE
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È un'Italia che inacidisce quella degli anni Novanta: la crisi politica e la decadenza delle istituzioni si riversa in aceto nei carpacci e nelle insalatone dei pranzi veloci. L'emergenza ambientale (ed economica) crea col nuovo millennio una nuova consapevolezza, soprattutto a tavola: nasce l'esigenza di un cibo più sano, più equo, più vicino a chi lo consuma.
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Le letture proposte da Roberta Corradin ospitata a Palazzo Pereira, sede cittadina di Slow Food, accompagnano i convitati in un percorso storico-gastronomico che, dagli anni '50 e grazie a tre pranzi, li porta fino ai non troppo lontani anni '90. Negli anni '50 del dopoguerra gli Italiani a tavola rifiutano le verdure e gli ortaggi che li hanno duramente accompagnati durante la guerra. Si ricerca allora un cibo più proteico, le carni, anche per lasciarsi alle spalle i periodi del fascismo e dell'indigenza. La voglia di dimenticare non si esplicita solo nelle abitudini culinarie ma anche nel nome che ai cibi viene dato: allora l'insalata tricolore fascista riprende il nome originale di insalata russa. I seguenti anni '60 sono invece gli anni della DC, gli anni della morale e della censura. Quella subita più volte da Pasolini per i suoi film, o quella di Mina per la sua relazione extraconiugale. L'unico aspetto che non veniva censurato era quello della cucina, ed allora l'Italiano riversa sulla tavola tutte le sue perversioni. Sono gli anni delle prime paste surgelate, del dado, dei piatti in crosta. Sono gli anni in cui gli utensili iniziano a rivestire le cucine italiane insieme alle soluzioni che meglio permettono di conservare gli alimenti. Se, ad esempio, il Tetra Classic degli anni '50 aveva dei problemi di funzionalità, il Tetra Brik degli anni '60 permetterà al latte di essere conservato a lungo. Ma gli anni Sessanta sono anche gli anni dei supermercati che si diffondono in maniera capillare sul territorio italiano, permettendo così di acquistare prodotti in modo anonimo e senza che il salumiere commenti i gusti culinari del cliente che mangia americano. L'internazionalizzazione del cibo arriva con gli anni '70. I giovani si staccano dalle tradizioni e bevono "Matheus", si diffonde la maionese in barattolo e l'agricoltura diventa intensiva. Si produce, ad esempio, il grano 'Creso' reso artificialmente più nutritivo e redditizio. Vediamo di conseguenza il diffondersi della celiachia. Nel frattempo la trattoria diventa luogo di scambio politico. Con gli anni '80 arrivano gli anni dei piaceri effimeri e dell'illusione. "Ok il prezzo è giusto" diffonde l'idea di un'Italia ricca dove si vince denaro facilmente, sono gli anni del dolce, della panna cotta, ma anche dei marchi inventati come il Cacao Meravilgiao. Contro il rischio di omologazione del cibo, diffusa anche attraverso i supermercati, negli anni '80 nasce Slow food. Infine gli anni della seconda Repubblica sono gli anni in cui, come la politica, la gastronomia si scopre spettacolo. Si parla allora di insalatone per mostrarsi salutisti, i finger food esplicitano il carattere di chi li chiede, la rucola sulla pasta è segno di ribellione, la crostata è sintomo di semplicità. A casa Slow, insomma, si è ripercorso mezzo secolo di cambiamenti culinari che, tra tradizione e nuove tendenze internazionali, mostrano che il cibo, in Italia, non è solo tradizione ma anche storia.