06/09/2014 - La terra fragile. Focus sulla letteratura palestinese
AFFINCHÉ IL VENTO NON MI DISPERDA. Un ricordo di Mahmoud Darwish
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«Ho scoperto che la terra è fragile, e il mare, leggero: ho imparato che lingua e metafora non bastano più a dare un luogo al luogo (...). Non avendo potuto trovare il mio posto sulla terra, ho tentato di trovarlo nella Storia». Mahmoud Darwish è universalmente considerato il più importante poeta palestinese. Tradotti in oltre venti lingue, i suoi versi hanno saputo rendere universali il sentimento di sradicamento, il desiderio di riscatto, la necessità di dover riaffermare continuamente il proprio diritto che derivano dalla sua condizione di esilio. A sei anni dalla sua scomparsa e in occasione dell'uscita di Darwish. Una trilogia palestinese, che raccoglie i suoi più importanti testi in prosa, alcuni degli amici e scrittori che gli sono stati vicini ne ricordano la figura e l'opera con interventi e letture. L'evento 187 ha subito variazioni rispetto a quanto riportato sul programma. Originariamente era prevista la partecipazione di Elias Khoury.
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Quando il pubblico entra nel conservatorio, un violoncello sta suonando: il pubblico si siede, aspetta un po', si guarda intorno per capire e poi sente la sua voce, la voce di Mahmud Darwish. «Credo che un omaggio debba e possa cominciare con una forte emozione», parla così Elisabetta Bartuli, curatrice dell'ultimo libro di Darwish uscito in Italia "Una trilogia palestinese" e della commemorazione letteraria di stasera. Il suo intento è riuscito, i presenti sono sorpresi: sentire la sua voce a sei anni dalla sua morte è evidentemente un'emozione inaspettata, un'emozione forte per molti. Non si fanno grandi dichiarazioni stasera, si inizia subito a leggere la sua prosa, le sue poesie. "Silenzio per Gaza" tratto da "Diario di ordinaria tristezza", presente nella trilogia; è un brano del 1973, eppure sconcerta per come a distanza di quaranta anni ammutolisca i presenti per la sua pregnanza all'attualità. Vengono lette poi "Una rima per le Mu'allaquat" (da "Perché hai lasciato il cavallo alla sua solitudine?", ma con traduzione inedita di Ramona Ciucani) e "Lezione di Kamasutra" (da "Il letto della straniera"). Si termina con "Il giocatore d'azzardo" (edita per la prima volta in italiano proprio in "Una trilogia palestinese"). La storia che ha visto protagonista questa poesia dimostra e chiarisce definitivamente l'importanza che l'opera di Darwish ha avuto per molti in tutto il mondo: quando nel 2008 si sparse la notizia che l'operazione al cuore di Darwish non stava andando bene, il web venne tempestato da brani, citazioni, versi, video del "Giocatore d'azzardo", considerabile l'autobiografia dello scrittore palestinese, perché, come dice la Bartuli, «le persone avevano bisogno di tenerlo» (tra questi ne viene mostrato uno al pubblico che si può vedere qui nello storify sulla questione palestinese). Dopo le letture è Mourid Barghouti a prendere la parola: «Io non amo questa atmosfera triste, abbiamo commemorato un poeta e la poesia quindi siate felici». Barghouti ricorda Darwish in maniera potente, provocatoria («Non mi ricordo quale leader israeliano ha detto più volte che la Palestina non è una nazione perché non ha letteratura e arte, evidentemente i leader israeliani hanno altro da fare che leggere Darwish»), ma mai amara e attraverso di lui insiste sull'importanza dell'arte per la questione palestinese, facendo notare come l'opinione pubblica mondiale possa davvero impegnarsi per la Palestina partendo, per prima cosa, dal leggere la sua letteratura. Il ricordo di un poeta per un poeta arriva forte al pubblico, come quello di un amico per un amico e Barghouti parla davvero con amore del lavoro del suo collega: «se scrivi buone poesie, allora succede che in un paese lontano dal tuo, ad anni dalla tua morte, le persone escono dalle loro case per celebrarti e dichiarare che rispettano il tuo lavoro, vi ringrazio». José Sarmago scrive nell'"Ultimo quaderno": «Aprile 2009: il prossimo 9 agosto sarà trascorso un anno dalla morte di Mahmud Darwish, il grande poeta palestinese. Se il nostro mondo fosse un po' più sensibile e intelligente, più attento alla grandiosità quasi sublime di alcune vite che vi si generano, il suo nome sarebbe oggi altrettanto conosciuto e ammirato di quanto lo è stato, in vita, quello di Pablo Neruda, per esempio».