In più di 120 anni di storia, il Premio Nobel per la Letteratura è stato assegnato a una donna solo 15 volte: la prima fu Selma Lagerlöf nel 1909 e l’ultima è stata Olga Tokarczuk nel 2018. Nel mezzo ci sono stati grandi nomi come Grazia Deledda, Gabriela Mistral, Alice Munro, autrici che hanno saputo raccontare con incomparabile maestria non solo il mondo femminile nelle sue infinite sfumature, ma spesso anche le storie di mondi poco ascoltati. È il caso di Nadine Gordimer, forse la più grande testimone della devastazione e dei conflitti morali della politica dell’apartheid in Sudafrica, o quello di Toni Morrison, indimenticabile voce dei conflitti razziali negli USA. O ancora quello di Olga Tockarczuk, che ha vinto il premio Nobel «per un’immaginazione narrativa che, con passione enciclopedica, rappresenta l’attraversamento dei confini come forma di vita».
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Nel 2000 in Gran Bretagna viene pubblicato Denti bianchi, il romanzo d’esordio di una giovanissima autrice inglese, di origini giamaicane: Zadie Smith. Smith ha solo 25 anni, quando diventa una scrittrice di fama mondiale, vincendo numerosi e prestigiosi premi letterari e viene salutata come una delle voci più importanti della letteratura contemporanea, capace di parlare di razza, di genere, di politica, ma anche di scrittura e critica letteraria in modo completamente nuovo. Qualche anno dopo, in Francia, Annie Ernaux pubblica Gli anni, considerato dalla critica internazionale il suo maggiore successo. Ernaux ha già all’attivo diversi romanzi, ma è con questa «autobiografia personale» – che mescola la voce individuale dell’autrice e la cronaca collettiva della Storia dal dopoguerra a oggi -, che si impone come una delle migliori narratrici del nostro tempo. Due generazioni diverse, due autrici che hanno saputo innovare la letteratura nei suoi temi e nelle sue forme, assolutamente da ascoltare.
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Nel 2013 la scrittrice Chimamanda Ngozi Adichie tiene la celebre TED Talk «Dovremmo essere tutti femministi». Il mondo è alle soglie di un grande cambiamento, Adichie se ne rende conto: perché le donne trovino davvero «una stanza tutta per sé» nella letteratura e nella cultura non basta più cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie, dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli. C’è bisogno di un nuovo femminismo, che parli a tutte e tutti. Pochi anni dopo, nel 2017, esce una serie tv tratta dal romanzo del 1985 Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, che racconta un mondo distopico in cui le donne hanno uno scopo unicamente riproduttivo. L’adattamento per il piccolo schermo ha un successo planetario, il romanzo viene ristampato e riletto in tutto il mondo, Atwood decide di scriverne un seguito, dimostrando che le voci e le istanze delle donne hanno sempre più bisogno di essere ascoltate. Sia Adichie che Atwood hanno testimoniato questa nuova urgenza sul palco di Festivaletteratura.
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Genere, identità, confini e frontiere: sono tante le voci di donne che stanno emergendo nella letteratura internazionale per raccontare un mondo in continua evoluzione, sempre più interconnesso ma sempre più ricco di contraddizioni. Una è certamente Valeria Luiselli, giovane autrice messicana riconosciuta e premiata in tutto il mondo per la sua scrittura asciutta, quasi giornalistica, capace di confrontarsi con temi di urgente attualità (come nel suo acclamato Archivio dei bambini perduti, che racconta la storia di una famiglia messicana in viaggio verso la frontiera statunitense). O la canadese Madeleine Thien, finalista al Man Booker Prize nel 2016, che nei suoi romanzi parla di immigrazione, interculturalità, e del rapporto che esiste tra luoghi, tempo e memoria. Entrambe ospiti di Festivaletteratura, hanno raccontato il loro lavoro e il loro rapporto con la scrittura al pubblico di Mantova.
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